I
quarzi.
Accade
spesso un po’ di confusione quando si ordinano i quarzi per gli apparati di
radiocomando. Vediamo di chiarire l’argomento: il canale di trasmissione,
oltre ad essere contrassegnato da un numero attribuito dall’apposito
Comitato Internazionale (ad esempio, canale 81), è caratterizzato dalla
frequenza operativa (nel caso indicato 40.815 MHz), questo valore indica la
frequenza a cui opera il trasmettitore, e quindi il quarzo installato nel TX
è “tagliato” per oscillare proprio alla frequenza nominale del canale.
Per quanto
riguarda il ricevitore, bisogna invece distinguere due casi:
• Ricevitore
a singola conversione: il quarzo del ricevitore deve oscillare alla
frequenza di trasmissione, meno il valore della media frequenza di
conversione, che è fissa e negli attuali apparati vale 455 KHz (pari a 0.455
MHz); riprendendo l’esempio precedente relativo al canale 81, abbiamo che:
40.815 – 0.455 = 40.360 MHz – frequenza reale del quarzo da montare sul
ricevitore.
• Ricevitore
a doppia conversione: il quarzo del ricevitore deve oscillare alla
frequenza di trasmissione, meno il valore della prima media frequenza di
conversione, che è fissa e negli attuali apparati vale 10.7 MHz
(per informazione, la seconda media frequenza è anche in questo caso a 455
KHz, ma non influenza più il quarzo); riprendendo il solito esempio relativo
al canale 81, abbiamo che: 40.815 – 10.7 = 30.115 MHz – frequenza reale
del quarzo da montare sul ricevitore.
Nella
pratica, i costruttori di radiocomandi marcano i quarzi da montare sui loro
apparati con l’indicazione del canale e della frequenza nominale, in modo da
non richiedere all’utente fastidiosi calcoli: ma la frequenza reale dei
quarzi utilizzati sulle riceventi non corrisponde a quella stampigliata sul
loro involucro. Questo spiega (almeno
lo speriamo...) perché non si possono invertire i quarzi tra TX e RX, e il
motivo della non intercambiabilità dei quarzi di ricezione fra RX a semplice
e doppia conversione.
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Allora
è meglio a singola o a doppia conversione ?
Agli albori
del nostro hobby venivano impiegati ricevitori assai semplici:
1) Il circuito di sintonia è sintonizzato sulla frequenza emessa dal
trasmettitore.
2) Lo stadio rivelatore ricostruisce il segnale, generato dal trasmettitore,
che contiene le informazioni relative alla posizione dei comandi.
3) Il circuito di decodifica estrae dal segnale ricostruito dal rivelatore i
comandi da inviare agli attuatori (servi).
Il principale difetto di questo circuito consiste nella cattiva selettività,
cioè dalla scarsa capacità di scartare segnali interferenti aventi frequenza
vicina a quella emessa dal relativo trasmettitore. Supponiamo infatti di
operare sul nostro attuale canale 81, cioè alla frequenza di 40.815 MHz, e di
ricevere in antenna anche un segnale interferente a 40.835 MHz (canale 83); la
frequenza differenza tra le due sarà pari a: 40.835 – 40.815 = 0.020 MHz.
Rispetto alla frequenza di lavoro, in percentuale, questo valore è: 0.020 :
40.815 x 100 = 0.049 % ; non esistono stadi rivelatori che possano
discriminare frequenze contigue così prossime. In altre parole il nostro
modello, sul quale avessimo installato questo ipotetico ricevitore, in
presenza di una emissione radio su una frequenza prossima alla sua, sarebbe
inesorabilmente destinato al volo libero... Simili ricevitori non sono più in
uso da svariati anni; ho descritto questo circuito perché contribuirà alla
comprensione di quanto vedremo in seguito.
Supereterodina*
a singola conversione
lo stadio pre-amplificatore ha il compito di adattare i segnali provenienti
dall’antenna ai requisiti richiesti dai circuiti successivi; in particolare,
in questo stadio è presente il circuito A.G.C. (Automatic Gain Control =
controllo automatico di guadagno), che limita l’amplificazione in presenza
di segnali forti, allo scopo di evitare la saturazione degli stadi che
seguono. Lo stadio oscillatore è pilotato dal quarzo di ricezione: questo
deve avere una frequenza di oscillazione pari a quella del quarzo di
trasmissione, meno il valore della frequenza intermedia, che in questi
apparati è pari a 455 KHz (usando il canale 81 dell’esempio precedente:
40.815 – 0.455 = 40.360 MHz). Il mixer effettua la miscelazione dei segnali
provenienti dal preamplificatore e dall’oscillatore; tenendo conto di quanto
detto sopra, alla sua uscita sarà sempre presente un segnale avente frequenza
pari a 455 KHz (nel solito esempio: 40.815 – 40.360 = 0.455 MHz). Lo stadio
a frequenza intermedia è accordato sulla frequenza di 455 KHz, ed ha il
compito di eliminare tutte le altre frequenze presenti al suo ingresso. Lo
stadio rivelatore ricostruisce il segnale, generato dal trasmettitore, che
contiene le informazioni relative alla posizione dei comandi. Il circuito di
decodifica estrae dal segnale ricostruito dal rivelatore i comandi da inviare
ai servi. A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi: perché tante
complicazioni (cambi di frequenza, miscelazioni, ecc.) A cosa serve tutto ciò?
Ovviamente la risposta è: serve, eccome se serve! Riprendiamo l’esempio del
ricevitore che lavora a 40.815 MHz, ed è interferito da una frequenza di
40.835 MHz: bene, all’uscita del mixer della nostra supereterodina troveremo
entrambe i segnali, convertiti di frequenza, il primo a 40.815 – 40.360 =
0.455 MHz, il secondo a 40.835 – 40.360 =0.475 MHz. La differenza in
frequenza tra i due segnali è ovviamente rimasta invariata (475 – 455 = 20
KHz), ma percentualmente i nuovi calcoli ci dicono che rispetto alla frequenza
di lavoro, il segnale interferente sarà scostato di: 20 : 455 x 100 = 4.39 %
! Lo stadio a frequenza intermedia che segue, accordato a 455 KHz, sarà
agevolmente in grado di eliminare un segnale che dista dalla sua propria
frequenza di oltre il 4%. Questo spiega perché l’impiego del circuito
supereterodina è assolutamente necessario, se ci si vuole proteggere da
segnali non voluti, sia che questi siano emessi da altri radiocomandi che
operano su canali adiacenti al nostro, sia che vengano generati da impianti
radio destinati alle comunicazioni.
Supereterodina*
a doppia conversione
Negli ultimi tempi sono stati presentati, e stanno ottenendo notevole successo
commerciale, i nuovi ricevitori a doppia conversione: vediamo come funzionano,
e se il loro impiego è veramente conveniente. Lo stadio preamplificatore è
identico a quello descritto nel ricevitore a singola conversione. Il 1°
stadio oscillatore è pilotato dal quarzo di ricezione: questo deve avere una
frequenza di oscillazione pari a quella del quarzo di trasmissione, meno il
valore della prima frequenza intermedia, che in questi apparati è pari a 10.7
MHz (usando il canale 81 dell’esempio precedente: 40.815 – 10.7 = 30.115
MHz). Il 1° mixer effettua la miscelazione dei segnali provenienti dal
preamplificatore e dal primo oscillatore; tenendo conto di quanto detto sopra,
alla sua uscita sarà sempre presente un segnale avente frequenza pari a 10.7
MHz (nel solito esempio: 40.815 – 30.115 = 10.7 MHz). Il 1° stadio a
frequenza intermedia è accordato sulla frequenza di 10.7 MHz, ed ha il
compito di eliminare tutte le altre frequenze presenti al suo ingresso. Il 2°
stadio oscillatore è pilotato da un quarzo, non intercambiabile, posto
all’interno del ricevitore: questo deve avere una frequenza di oscillazione
pari a quella della prima frequenza intermedia, meno il valore della seconda
frequenza intermedia, che in questi apparati è ancora pari a 455 KHz, quindi
10.7 - 0.455 = 10.245 MHz. Il 2° mixer effettua la miscelazione dei segnali
provenienti dalla prima frequenza intermedia e dal secondo oscillatore;
tenendo conto di quanto detto sopra, alla sua uscita sarà sempre presente un
segnale avente frequenza pari a 455 KHz (10.7 – 10.245 = 0.455 MHz). Il 2°
stadio a frequenza intermedia è accordato sulla frequenza di 455 KHz, ed ha
il compito di eliminare tutte le altre frequenze presenti al suo ingresso. Lo
stadio rivelatore e il circuito di decodifica sono identici a quelli descritti
nel ricevitore a singola conversione. Anche qui vale l’equazione: maggiore
complicazione = migliori prestazioni. Con alcuni semplici passaggi matematici
(così diceva sempre il mio professore di Fisica, prima di riempire sei metri
quadri di lavagna con un’interminabile sequela di equazioni...) si dimostra
che l’utilizzo di due successive conversioni di frequenza comporta un nuovo,
importante incremento nella selettività del ricevitore; ciò significa che, a
parità di ogni altra condizione (potenza del trasmettitore, sensibilità del
ricevitore, antenne, ecc.) otterremo sempre una migliore ricezione (è il
corretto termine tecnico, vuol dire rigetto) dei segnali e dei disturbi
presenti su frequenze immediatamente adiacenti a quella su cui operiamo. Allora,
è conveniente l’impiego di un ricevitore a doppia conversione? Tenendo
presente che i vantaggi descritti sopra non hanno alcuna contropartita
negativa (a parte, ovviamente, il maggior costo...), e che le frequenze radio
sono, e saranno sempre più, affollate dal proliferare di nuovi servizi, la
risposta può essere una sola: sì, incondizionatamente sì!
Ultime note
Negli ultimi tempi ho avuto modo di constatare che c’è spesso confusione
tra i termini doppia conversione e PCM: probabilmente ciò è dovuto al fatto
che, quasi sempre, i ricevitori di fascia alta possiedono entrambe queste
caratteristiche. In realtà, non c’è nessun nesso tra le due prestazioni:
possono esistere ricevitori PPM a doppia conversione (e in commercio ne sono
presenti alcuni) e ricevitori PCM a singola conversione. PCM, infatti, è
l’acronimo di Pulse Code Modulation... ma no, il discorso è interessante,
ma diventerebbe troppo lungo! (e poi ne abbiamo già parlato...).
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